Dopo più di cinquanta anni nel carcere di Cassino, il 5 maggio l’archivio dell’ex ergastolo di Santo Stefano è stato trasferito all’Archivio di Stato di Latina. Lì sarà riorganizzato, classificato e digitalizzato in modo che studiosi e cittadini possano consultarlo. La legge prevede infatti che gli archivi degli uffici statali soppressi e degli enti pubblici estinti, e quindi anche di un carcere chiuso, siano trasferiti all’Archivio di Stato competente per provincia che, nel caso dell’ex carcere di Santo Stefano in Ventotene, è quello di Latina.
Il giornalista e scrittore Pier Vittorio Buffa aveva studiato alcuni documenti dell’archivio, custodito nel carcere di Cassino in una stanza di poco più di venti metri quadri, per la stesura del suo libro “Non volevo morire così“, edito nel 2017 dalla casa editrice Nutrimenti, con una prefazione scritta da Emma Bonino. Nel libro, Buffa racconta le vite di detenuti e di ergastolani finite dentro le mura del carcere di Santo Stefano, chiuso nel 1965.
Il comunista Rocco Pugliese, ucciso dai secondini dell’ergastolo di Santo Stefano. Il partigiano greco Giorgio Capuzzo che aveva combattuto contro gli italiani. Il soldato albanese che aveva disertato. L’uomo che aveva ucciso per amore. Ognuna di queste storie comincia, nelle pagine del libro, con un numero: la matricola del detenuto. Lo stesso numero si trova sulle copertine dei fascicoli che compongono l’archivio dell’ex ergastolo. “Saranno quasi mille cartelle, ordinate e catalogate dal personale penitenziario della matricola di Cassino – racconta Buffa – in ognuna si nascondono le storie di vita quotidiana dei detenuti, dalle medicine e dal dentifricio fino alle punizioni”. Purtroppo l’archivio ha subito gravi danni nella rivolta del novembre del ’43, definita da Buffa come “i quattro giorni durante i quali il carcere è stato in mano ai detenuti”. Sfogliando i fascicoli, oltre alle testimonianze di quei giorni, si possono trovare tracce dei danni sull’archivio. Come la risposta, in uno scambio epistolare, a una vedova di un detenuto che chiedeva al direttore del carcere alcuni documenti del marito per poter incassare la sua pensione: “Quelle carte sono state distrutte nella rivolta del ’43”.
Oltre ai fascicoli danneggiati o andati perduti durante la rivolta ce ne sono alcuni sopravvissuti al tempo: la ricostruzione della vita carceraria di detenuti che sono arrivati nel carcere sull’isolotto di Santo Stefano nei primissimi anni del 1900. Tra questi c’è anche il fascicolo dell’anarchico che uccise il re d’Italia Umberto I, Gaetano Bresci. In sostanza, l’archivio non basta per ricostruire le storie di tutti i detenuti, ma offre un’idea precisa della loro vita nell’ex ergastolo di Santo Stefano.
Il Commissario straordinario del governo per il recupero e la valorizzazione dell’ex carcere borbonico Silvia Costa ha riconosciuto dal primo momento l’importanza storica di questo archivio e si è impegnata per ottenere il trasferimento a Latina e conservare al meglio i documenti. “Purtroppo una parte delle carte è andata persa prima che gli ultimi due direttori del carcere, Irma Civitareale e Francesco Cocco, la sistemassero in una stanza ad hoc. Si rischiava di perdere questa memoria, ora invece si potrà dare un contributo alla conoscenza di questa storia”, ha detto Costa.
“Sono molto grata alla dottoressa Anna Maria Buzzi, direttrice generale degli archivi di Stato del ministero della Cultura (MiC), e a Riccardo Turrini Vita, direttore generale degli archivi del Dipartimento amministrazione penitenziaria (Dap), nonché al direttore Cocco per la grande disponibilità e alla direttrice dell’Archivio di Stato di Latina, Marilena Giovannelli, per la collaborazione e l’impegno”, ha aggiunto il Commissario.
Nell’ambito del piano di comunicazione predisposto dal Commissario, l’Associazione per Santo Stefano in Ventotene è stata incaricata di svolgere una ricognizione del patrimonio archivistico-bibliografico dell’ex carcere. L’attività di ricerca, che si concluderà nel mese di luglio, riguarda in particolare gli Archivi di Stato di Latina e Napoli, l’Archivio Centrale dello Stato, l’Archivio del Comune di Ventotene e la Biblioteca nazionale centrale, sotto la supervisione di Pier Vittorio Buffa ed Anthony Santilli, studiosi ed esperti della materia. Sulla base dei dati e delle informazioni censite, saranno elaborati almeno dieci racconti sulla storia di Santo Stefano e dei detenuti che vi sono stati reclusi e almeno cinque interviste contemporanee a testimoni ancora viventi delle vicende legate all’ex ergastolo.